Nel cuore della città di Brescia, i resti monumentali dell’antica Brixia romana, offrono lo spunto per andare alla scoperta del santuario repubblicano che ancora oggi stupisce per il suo recuperato splendore.
Nell’area archeologica si può ammirare ciò che è stato recuperato dell’antico Capitolium edificato nel 73 d. C, il tempio dedicato al culto di Giove, Giunone e Minerva. Nelle tre aule sono visibili gli splendi affreschi ancora ben conservati e i pavimenti originali in lastre di marmo policromi oltre a resti di arredi e sculture.
La Vittoria Alata, una delle più straordinarie statue di epoca romana, ritorna nel Capitolium di Brescia dopo due anni di restauro, condotto dall’Opificio delle Pietre Dure di Firenze. La grande statua in bronzo, simbolo della città di Brescia, amata da Giosuè Carducci che la celebrò nell’ode Alla Vittoria, ammirata da Gabriele d’Annunzio e da Napoleone III che ne vollero una copia, è una delle opere più importanti della romanità per composizione, materiale e conservazione, e uno dei pochi bronzi romani proveniente da scavo giunti fino a noi.
La Vittoria Alata venne ritrovata insieme a sei teste di età imperiale e a centinaia di altri reperti in bronzo nel 1826, durante gli scavi archeologici condotti nell’area dai membri dell’Ateneo di Scienze, Lettere e Arti di Brescia, in un’intercapedine dell’antico tempio, dove forse era stata occultata per preservarla da eventuali distruzioni. La scultura, realizzata in bronzo con la tecnica della fusione a cera persa indiretta, è databile intorno alla metà del I secolo dopo Cristo, forse ispirata a modelli più antichi. Il nuovo allestimento museale, progettato dal grande architetto spagnolo Juan Navarro Baldeweg, è concepito per esaltare le caratteristiche valorizzate dalla complessa operazione di restauro.
L’operazione di restauro e di ricerca ha coinvolto circa trenta professionisti che a vario titolo, ciascuno con la propria specializzazione, sono stati impegnati nelle numerose attività di conoscenza e di conservazione del bronzo. Gli interventi si sono concentrati dapprima sulla pulitura della scultura, quindi sulla rimozione controllata dei materiali che riempivano la statua e della struttura interna di epoca ottocentesca a cui si agganciavano le ali e le braccia della Vittoria, e infine sulla stesura di un materiale protettivo. Durante questo processo, sono state condotte indagini scientifiche ed esami volti a una conoscenza più approfondita della tecnologia di costruzione, oltre alla cronologia e origine della statua stessa.
Le équipe dell’Opificio delle Pietre Dure di Firenze, di Fondazione Brescia Musei, del Dipartimento di Ingegneria Meccanica e Aerospaziale della Sapienza Università di Roma e dell’azienda Capoferri hanno dedicato grande cura alla progettazione e realizzazione di un nuovo supporto interno alla statua altamente tecnologico per sorreggere le ali e le braccia, che furono trovate staccate dal corpo centrale nel 1826 e che fino a due anni fa erano sostenute dal dispositivo ideato nell’Ottocento.
Accanto al Capitolium sorge il Teatro romano del l-lll secolo d.C. La cavea, l’ampio spazio destinato agli spettatori, parzialmente adagiata sul declivio del colle Cidneo, accoglie il visitatore, evocando le antiche rappresentazioni.
In occasione del ritorno a Brescia della Vittoria Alata, l’artista siciliano Emilio Isgrò ha donato alla città la sua opera: ”Incancellabile Vittoria”, che si può ammirare nella stazione ferroviaria dell’alta velocità e della metropolitana, emblema della modernità.
L’installazione di 200 mq riprende la silhouette della dea romana, tratteggiata di colore rosso e riconoscibile dalle ali e dalla posizione alzata delle braccia, emerge da una più ampia griglia composta da cancellature nere su un brano tratto dall’Eneide di Publio Virgilio Marone. Le cancellature sono state operate in profondità, oltre che con livelli differenti rispetto alle lettere del testo. In questo modo è stato ottenuto un effetto di chiaroscuro tipico del bassorilievo scultoreo.
Così come nel 1826 il ritrovamento della statua bronzea, ben presto diventata il simbolo della città, aveva avuto il merito di compattare e rafforzare lo spirito di unità nazionale che si esplicitò durante i moti anti-austriaci del 1848, allo stesso modo, l’inaugurazione di questa opera vuole instillare un messaggio di forza per una coraggiosa ripartenza dopo il periodo complicato che si sta attraversando.
foto Stefania Mezzetti